Il potere degli Utthita Sthiti

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Il post di oggi cari amici dello yoga, è dedicato all’importanza dello studio e della pratica degli asana in piedi. Generalmente si presta poca attenzione al modo corretto di stare in piedi. Questo perchè spesso le persone stanno in piedi poggiando su una gamba sola, quando addirittura non girano di lato l’altra gamba. Se vediamo come vengono consumate le suole delle scarpe scopriamo molte spiacevoli verità: non poggiamo ugualmente sui due piedi, suole e tacchi molto spesso sono consumati all’esterno soltanto e così via.

Quando si assume una posizione eretta non allineata e quando il peso non viene ugualmente distribuito sui due piedi, si generano delle disarmonie posturali che compromettono la naturale elasticità della colonna vertebrale. Ma quando grazie allo studio di Tadasana e di molti altri Utthita Sthiti (asana in piedi) si comincia a capire come poggiare correttamente sui piedi e, da un appoggio saldo e stabile, come poter estendere naturalmente e senza sforzo la spina dorsale.

Quando siamo in una postura eretta col peso che gravita solamente sui talloni, improvvisamente il nostro baricentro cambia. Si perdono le anche, l’addome protrude in fuori, il corpo tende a piegarsi all’indietro e il tutto va a discapito della colonna che risente di questo sforzo: come conseguenza la mente diventa intorpidita, tamasica, per usare un termine yogico.

Ma quando, al contrario, grazie alla pratica dello yoga si compattano le anche, l’addome va indietro e il torace inizia a riaprirsi, si acquisisce gradualmente sempre più agilità nella mente e leggerezza nel corpo. Vi è mai capitato di andare a lezione svogliati e stanchi dicendo – “No, stasera non riesco a fare neanche un Tadasana, sono a pezzi!” e invece a fine lezione “misteriosamente” ci sentiamo con ogni cellula del corpo che canta e con la mente sollevata dai vari pesi della giornata? A me è successo molte volte.

Queste sono le risorse che, fortunatamente, la pratica dello Yoga ci dona: rigenerare e rinnovare noi stessi. I piedi riacquistano la loro forma naturale, le gambe diventano più proporzionate, elastiche e forti. Il portamento e l’andatura dei praticanti vengono sensibilmente influenzati in meglio, in quanto si favorisce la crescita simmetrica del corpo e l’elasticità della colonna. Quando siamo in piedi in modo scorretto col peso solo sui talloni, si impedisce una armoniosa crescita simmetrica del corpo, e chi ne paga le conseguenze è al solito la colonna vertebrale, nostro più intimo sostegno.

Stabilità ed equilibrio vengono notevolmente migliorati. Non solo: il lavoro con gli asana in piedi favorisce un corretto metabolismo favorendo la digestione e aiutando a ridurre il peso del corpo. Quando lo studente ha iniziato ad avere una buona confidenza con gli asana in piedi, ha preparato il proprio corpo e la propria mente per iniziare lo studio di quegli asana che comportano i piegamenti in avanti: i Pashima Pratana Sthiti. Gli Utthita Stithi avranno donato allo studente quella fermezza e stabilità di cui necessita per affrontare la sfida di asana ancor più complessi.

La libertà di mente e di corpo è uno dei prerequisiti per procedere negli stadi successivi della pratica. La pratica meccanica degli asana da sola non porterà da nessuna parte, mentre comprendere il proprio corpo, la mente ed il respiro attraverso la pratica è tutt’altra cosa. Il corpo è lo strumento che abbiamo a disposizione, e dobbiamo saperlo usare con saggia discriminazione. Cari amici dello Yoga, non usate MAI la forza bruta di volontà per andare oltre i vostri limiti corporei. Se lo strumento non è stato adeguatamente forgiato nel fuoco della lunga pratica in piedi, ciò che ne scaturirà sarà dolore, come ci insegna Patanjali. Ricordate sempre che l’asana è un processo che ci aiuta a fare un focus interno, ad osservare meglio noi stessi DENTRO. Guruji ha cesellato dall’antica tradizione dello Yoga gli Utthita Sthiti con le loro infinite varianti: corde, mattoni, muro, a coppia, ecc. Il dono degli asana in piedi ci darà quel Virya (forza interna) prezioso per procedere in avanti nella nostra ricerca. Buona pratica!

 

Approfondire le nostre radici a terra

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Il post di questa mattina è dedicato ai miei studenti che regolarmente mi chiedono: “Scusa Aldo, ma non ricordo il corretto posizionamento dei piedi in questo asana!” ed ecco pronto un piccolo schema da scannerizzare, salvare, fotocopiare, ecc. Ora con l’aiuto di questa foto, i dubbi si dissolveranno come nebbia al sole! Pronti? Andiamo!

Lo schema che vedete si riferisce al posizionamento dei piedi in molti Utthita Sthiti, o asana in piedi. Vedete la prima figura a destra, come sono posizionati i piedi? Il tallone del piede avanti è in linea con il centro dell’arco plantare del piede indietro, giusto? Bene, quello è lo schema da adottare per Parsva Utthita Padasana, per Trikonasana, per Parsvakonasana, per Virabadrasana II,  e nella partenza e relativo ritorno di Ardha Chandrasana, perché si parte e si ritorna da e in Trikonasana, per menzionare gli asana principali. L’angolazione da dare ai piedi è chiaramente illustrata.

Nella figura a sinistra è illustrato come posizionare i piedi in asana in piedi come Parsvottanasana e Virabadrasana I, Parivritta Trikonasana e Parivritta Parsvakonasana.  Il tallone della gamba davanti è allineato con il tallone della gamba dietro. Vi è anche descritta la giusta angolazione da dare ai piedi. Ora non vi resta che provare e riprovare le infinite modalità di applicazione nella vostra pratica a casa usando muro, mattoni, quarti di tondo, sedie e tutto quel che riesce a farvi sperimentare questo corretto allineamento dei piedi che, se ben eseguito nei vari asana, conduce progressivamente il praticante sulle sponde di Sthirata, la stabilità e fermezza del corpo e della mente.

Nel ricercare questa Sthirata dapprima nel corpo, con il tempo si estenderà anche alla mente. Provate, sperimentate, cadete e rialzatevi con rinnovato vigore, fino a che questi schemi penetreranno dentro di voi per non lasciarvi mai più! Vi auguro una luminosa e fruttuosa pratica!

L’uso degli asana come terapia

 

 

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Lo yoga Iyengar tiene conto delle molte e poliedriche applicazioni terapeutiche che un asana può donare. Se prendiamo un mal di schiena dovuto a una protrusione o a una ernia del disco, lo scopo degli asana in questo caso è duplice: in primo luogo dona sollievo al dolore che ben conosce chi soffre con questi problemi. Secondo poi rafforza i muscoli paravertebrali che, una volta tonificati, danno un solido sostegno alla colonna prevenendo simili ricadute.

Il principio dello yoga-terapia si basa sul sutra 33 del capitolo1 degli Yoga Sutra di Patanjali : “maitri karuna mudita upeksanam sukha dhukha punya apunya visayanam bhavanathah citta prasadam”, dove si intende che la parte del corpo colpita da malattia può essere trattata favorevolmente col coltivare l’amicizia, la compassione, la gioia e l’indifferenza al dolore. Quindi bisogna non solo essere amichevoli e compassionevoli verso chi soffre, ma anche nei confronti della parte colpita.

Nei primi stadi della terapia si sperimenta sollievo dai sintomi e si esprime gioia, mentre si viene incoraggiati a continuare con la terapia. Tuttavia questo ritrovato senso di benessere viene anche accompagnato da una forma di dolore perché quella parte debole, pigra e poco usata del corpo viene fatta lavorare. Questo è un tipo di dolore “gradevole”, e deve essere saputo distinguere da altro tipo di dolore che non è salutare. Un dolore salutare è accompagnato da manifestazione di sollievo, è trattabile e non prosegue una volta che si esce dall’asana. Questo è il primo segno di guarigione.

Al contrario un dolore non-salutare è distruttivo, straziante e continua anche dopo che si è usciti dall’asana. Il praticante deve scoprire cosa ha fatto di sbagliato nell’asana e dovrebbe chiedere consiglio ad un insegnante certificato e con esperienza.

Applicando le corrette istruzioni nella propria pratica, il dolore gradualmente sparirà. Quello è il tempo in cui si dovrebbe rimanere indifferenti alla parte dolorante e non starla a coccolare più di tanto. Quando si presenta dolore alla schiena o agli arti dovuto a protrusioni o a ernia del disco, questo è dovuto alla compressione dei nervi: il dolore inizia a sparire quando tale compressione viene diminuita col ricreare nuovo spazio tra le vertebre, per esempio.

Tutti gli asana che lo yoga Iyengar consiglia in questi casi, tendono ad aumentare lo spazio tra le vertebre così che i dischi intervertebrali ritornino alla loro posizione originale, siano nuovamente irrorati di linfa fresca e la pressione sui nervi venga gradualmente eliminata. Nei primissimi stadi di pratica gli asana donano sollievo ai sintomi di dolore per un buon paio di ore. Seguendo allora una pratica regolare di specifici asana consigliati dall’insegnante, i muscoli paravertebrali si tonificano rafforzandosi e lo spazio tra una vertebra e l’altra ritorna lentamente alla normalità. Provare per credere.

Il Buddha e i due cani

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Si tramanda che il Buddha insegnando ai suoi più intimi discepoli la dottrina dell’impermanenza della realtà, raccontasse questa storia che oggi vi propongo su come quel che noi vediamo, in verità, sia un riflesso della nostra vera natura interiore.

Un giorno due cani entrarono dentro una stanza in due diversi momenti. Il primo cane entrò, stette qualche secondo, e uscì fuori che scondinzolava felice. Qualche minuto dopo, entrò il secondo cane il quale, dopo essere stato anche lui per breve tempo, uscì dalla stanza guardandosi furtivamente attorno e ringhiando rabbiosamente.

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Un ragazzo assistette alla scena e non riuscì a capire il perché di tanto discorde comportamento. Mosso dalla curiosità, si alzò e fece per entrare all’interno della stanza, per capire cosa avesse reso un cane tanto gioioso e l’altro così infuriato. All’interno della stanza, con grande sorpresa, rimase stupefatto perché le mura erano interamente ricoperte di specchi.

Allora comprese cosa veramente era accaduto. Il primo cane aveva trovato decine di altri cani che scodinzolavano e si mostravano felici, ed usci scodinzolando allegramente.

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Il secondo cane aveva trovato altrettante decine di cani che lo guardavano rabbiosamente mostrando le zanne e ne uscì fuggendo, spaventato da quella torma di cani inferociti. Il Buddha con questa parabola voleva intendere che il mondo esterno altro non è che un riflesso speculare di ciò che in realtà siamo dentro. I nostri più intimi pensieri e sentimenti, reiterati negli anni, si trasformano in modelli comportamentali.  E con i nostri ripetuti schemi comportamentali, lentamente forgiamo i nostri destini, perché la nostra mente ha il potere di plasmare la realtà esterna. Ecco perché Patanjali all’inizio degli Yoga Sutra asserisce “Yoga Chitta Vritti Nirodha”, e cioè che lo yoga serve per controllare le fluttuazioni della mente agitata. Come è la nostra mente, così sarà la percezione del mondo attorno a noi…