Cari amici dello yoga oggi prendiamo in esame uno dei props più importanti nella pratica dello yoga Iyengar: le cinte di sospensione al soffitto, per praticare Shirshasana senza dover gravare con il peso del corpo sul collo. Non tutti gli studenti sono in grado di praticare Shirshasana al centro della stanza e indipendentemente, e questo a causa di svariate problematiche fisiche che impediscono di eseguire l’asana in maniera classica: patologie cervicali, spalle con problemi articolari, ernie al disco e non ultima la paura di eseguire la posizione senza un supporto che aiuti a superare questo ostacolo mentale.
Nella sua geniale creatività e sempre con la mente rivolta al bene dei suoi studenti, B.K.S. Iyengar trovò il modo di far sperimentare ai suoi studenti e alle generazioni a venire i potenti effetti di Shirshasana, senza creare effetti collaterali indesiderati in chi non poteva approcciare la posizione classica: una “semplice” corda di sospensione al soffitto. Oggi nelle palestre si vedono macchinari per inversione sofisticati e costosissimi.
Penso, sorridendo, a dove possa essere arrivato lontano l’amore e la cura per lo yoga da parte di Iyengar utilizzando semplici cose che fanno parte del nostro quotidiano. Ma leggiamo le sue parole per capire ancora di più. Buon Shirshasana alle corde!
“Shirshasana è il re di tutti gli asana ma non tutti possono farlo facilmente. Nel processo di apprendimento gli studenti sviluppano paura dell’asana e sono riluttanti persino nel provarlo. Per risolvere questa difficoltà, tenevo le persone dalle gambe, dando supporto alla loro schiena. Non appena potevano prendere Shirshasana indipendentemente, gliela facevo eseguire agli angoli delle pareti, cosa che dava loro un senso di direzionalità così come fiducia “che non stavano per cadere”.
Tuttavia molte persone si lamentavano di pesantezza di testa, dolori al collo e rialzi pressori con affanno quando irrigidivano il diaframma. Così ho provato l’asana col supporto dei mattoni per le mie spalle. Sentivo più fluidità nel mio collo. Ma c’era un problema con i mattoni: non tutti potevano eseguirlo sui mattoni. Un giorno mentre praticavo ho messo una corda tra due altre corde e ho fatto Shirshasana appeso. Il cervello era rilassato, il collo era libero e il retro della testa, la colonna vertebrale e i glutei erano supportati dal muro.
A quel tempo venivano usate le tegole di Mangalore per i tetti e le pavimentazioni. Al soffitto c’era un tronco di legno che si prolungava oltre la parete. Nel vederlo mi colpì il fatto che se potevo legarci una corda ed praticarvi Shirshasana, sarebbe stato un supporto migliore, perché sulle corde a parete il muro poneva un freno. Ritenevo che gli studenti dovevano fare Shirshasana in uno spazio dove non ci fosse nessun freno e nessuno stress.
Per ottenere questo mi sono arrampicato su una scala e usai una corda legata ad un secchio per attingere l’acqua dai pozzi per praticare Shirshasana. Questa fu la soluzione. Avevo deciso che ogni qual volta che un istituto (centro di pratica) veniva costruito avrei messo degli anelli sul soffitto durante la costruzione stessa per appendervi le corde per Shirshasana, cosa che poi ho fatto quando l’istituto venne ultimato.”
Fonte: B.K.S.Iyengar