Pashima Pratana Sthiti: un ponte verso il Pratyahara

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Cari amici dello yoga il post di oggi è rivolto alla pratica degli asana in avanti e alla qualità energetica che essi racchiudono e donano al praticante. Nelle lezioni di questa settimana abbiamo preso in esame gli asana in avanti, o Pashima Sthiti, cercando di percepire il profondo bhava (sentimento interno) che questi asana donano al corpo e alla mente del praticante. Le gambe e la schiena degli studenti sono riallungati, mentre nel cavo addominale gli organi interni sono ridisposti nel nuovo spazio che si crea e gentilmente massaggiati. L’apparato digestivo e l’apparato riproduttore sono tonificati per l’incrementata circolazione sanguigna che avviene nella pelvi. Questo è buono per le praticanti di ogni età perchè regola sia il ciclo mestruale, sia l’entrata in quella seconda fase della vita di una donna che è la menopausa, modulandone armonicamente il flusso vitale.

Dal punto di vista psicologico i Pashima Stithi sono asana che calmano la mente e rinfrescano il sistema nervoso, quietandolo. Hanno quindi un effetto contrario a quello degli archi all’indietro, che hanno invece un risultato più tonico ed energizzante e di apertura del cuore, mentre gli asana in avanti hanno un effetto più rinfrescante e calmante sul cervello. Ogni volta che ci sentiamo irritati e la mente è “surriscaldata”, Rajasica, la pratica degli asana in avanti può riarmonizzarne l’umore.

Più l’asana in avanti viene mantenuta (parliamo di un tempo di mantenimento di 3/10 minuti) più l’effetto calmante percola in ogni cellula del corpo e nel sistema nervoso. Il respiro rallenta e diventa lieve, la mente si interiorizza e il processo del Pratyahara inizia ad instaurarsi: il flusso dei sensi inizia a ritornare dall’esterno verso l’interno. Geeta Iyengar ci insegna che i Pashima Sthiti portano cuore e cervello a uno stato di riposo; rinfrescano il sistema nervoso e la mente; tonificano il sistema digestivo dando sollievo a disturbi come vomito, gas intestinali, e acidità di stomaco; regolano il benessere di ovaie, gonadi e ghiandole surrenali. Non solo. Chi soffre di ipertensione, insonnia, stati di ansia, emicrania, glaucoma e miopia trova sollievo poiché questi asana regolano la pressione del sangue. Ottimi per dare aiuto in caso di stress, fatica cronica e piccole febbri ricorrenti. Guruji insegnava che la posizione eretta dell’uomo, con il cuore posizionato anteriormente nel torace, crea stress nel muscolo cardiaco nell’essere umano: il cuore è costretto a pompare costantemente sangue ossigenato al cervello. Con le posizioni in avanti, specialmente quelle sedute, il cuore si trova orizzontale al piano terrestre e può rilassarsi. La posizione vicina alla terra, parallela alla terra, permette un profondo riposo del cuore e un riequilibrio della pressione arteriosa.

Voglio citare le parole profonde tratte dallo stupendo libro di Christian Pisano, La contemplazione dell’eroe in merito a questi asana: “Negli allunghi in avanti l’abbandonare il capo verso le ginocchia simbolizza l’arrendersi (Ishvara Pranidhan) e la resa di tutte le strategie (della mente). La percezione del cervello frontale si estingue e fa strada all’umiltà della terra. Si è incoronati dalla propria Vacuità”. Altro non voglio aggiungere se non la testimonianza dei miei studenti dopo il lavoro dei Pashima Sthiti. Pace mentale, silenzio del Cuore, senso di profondo rilassamento, silenzio verbale che si instaura appena dopo la pratica, quiete nel sistema nervoso. Questi sono gli allunghi in avanti. Questo è lo yoga. Questa è il Sentiero sul quale l’insegnante ci spinge a ricercare e a fare esperienza. Buona pratica!

 

Utthita Sthiti: le radici della pratica yoga

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Cari amici dello yoga oggi scriverò sul tema degli asana i piedi, o Utthita Sthiti, fondamento necessario alla pratica dello yoga Iyengar. Ho partecipato ad un intensivo con la mia insegnante formatrice Gabriella Giubilaro a Firenze nell’ultimo weekend di gennaio, e abbiamo praticato le basi degli asana in piedi, approfondendoli ulteriormente. Abbiamo studiato l’applicazione delle varie azioni nei piedi, nelle gambe e come queste azioni vengono riportate nel torace.

Gabriella ci ha lasciato almeno sei mesi di lavoro da approfondire a casa nella nostra pratica personale. Lo scorso anno in Aprile, lavorando a Rapolano con Stephanie Quirk sullo yoga nelle problematiche articolari, Stephanie ci disse che “Nel Syllabus dell’Introductory I e II c’è TUTTO”, nel senso che lavorando disciplinatamente e regolarmente quegli asana assicura agli studenti una buona salute dei giunti articolari e della colonna vertebrale. Questa cosa mi ha fatto riflettere per tutta l’estate. Spesso andiamo a cercare asana acrobatiche e di livello superiore, dimenticando che le azioni terapeutiche più efficaci sono racchiuse nelle basi che ci hanno spiegato agli inizi della formazione insegnanti. Questo senza disdegnare la studio, la pratica e la ricerca di asana che richiedono una maggiore sfida da parte nostra, sia chiaro.

Più dedico il mio tempo alla pratica degli Utthita Sthiti, più capisco che sono una vera miniera di informazioni per la pratica di tutti gli altri asana. Sono la base solida su cui poggia il tempio dell’Iyengar yoga, senza la quale non si potrebbero comprendere asana come le capovolte o gli archi all’indietro. In quanto BASE essi rafforzano e tonificano le gambe, ci insegnano come usare correttamente i piedi e come estendere in modo funzionale il corpo dai piedi fino al capo riallungando la colonna vertebrale. Pensate a cosa rappresentano le gambe nel nostro corpo. Il fatto di stabilizzare  a terra i piedi ci dona una solida struttura non soltanto a livello fisico ma anche a livello psichico, aumentando la sensazione di radicamento a terra, la nostra fiducia di “restare in piedi ” assieme ad un equilibrata sensazione di stabilità emotiva e psicologica. Vi pare poco? E ricordate che stabilità fisica e mentale si sviluppano di pari passo, nella pratica dello yoga.

Quella sensazione di tonico benessere che si sviluppa con la pratica in piedi, dona alla mente quella serenità mentale capace di sorreggerci negli alti e bassi della vita. Se la mente e il corpo non vengono disciplinatamente addestrati, quando le varie prove della vita si faranno avanti ne saremo travolti. Sarà il frutto della nostra pratica quotidiana che ci darà la forza di passare attraverso queste prove più o meno indenni, sempre che ci siamo applicati con Cuore sincero. Questi asana ci donano la base del corretto allineamento corporeo e un disciplinato senso di precisione: il  fondamento dell’Iyengar yoga, in breve. Guruji ci insegna che apprendere come allungare il corpo dona prontezza e acutezza mentali, mentre come espandere il torace dona un equilibrato controllo emotivo. E’ quel che lo yoga offre come frutto della pratica: una armonica sinfonia tra mente quieta e intelligenza emotiva. Se leggiamo le caratteristiche degli Utthita Sthiti su Teoria e pratica dello yoga, c’è scritto che questi asana favoriscono lo sviluppo del torace e la corretta espansione del cavo addominale; ecco perché la nostra parte emotiva viene riequilibrata e stabilizzata in questa fase di lavoro. L’apertura degli inguini viene migliorata, permettendo una corretta estensione della colonna e quindi un incremento dello spazio intervertebrale, cosa che ridurrà i problemi di dolore alla schiena. Tutto questo lavorando le infinite varianti degli Utthita Sthiti con l’ausilio dei props (attrezzi), geniale scoperta intuita da quello spirito precursore che è stato B.K.S.Iyengar. Quando i miei studenti mi domandano cosa fare come pratica personale a casa, rispondo sempre ” Ragazzi, nel dubbio praticate in piedi, e avrete messo a frutto l’insegnamento ricevuto nelle lezioni collettive”. Buona pratica!

Corpo flessibile e corpo rigido

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Cari amici dello yoga ben ritrovati al nostro periodico appuntamento. Inizia un nuovo anno dove semineremo semi di pratica e consapevolezza, dei quali avremo il frutto nei mesi a venire. Una domanda che spesso gli studenti rivolgono agli insegnanti, è sulla mancata flessibilità del loro corpo, specialmente quegli studenti che hanno appena iniziato a praticare. Anche io, come loro, ricordo i miei vani tentativi di Uttanasa, Supta Virasana, Urdhva Dhanurasana, ecc. pensandomi come un caso senza speranza.

Ma lo svantaggio apparente di avere un corpo rigido o delle aree critiche da lavorare, dona a lunga scadenza una capacità di ascoltare il nostro corpo e una capacità interattiva tra mente, corpo e intelligenza che saranno una risorsa nella pratica e nell’insegnamento. A tale scopo riporto uno stralcio d’intervista fatta ad Iyengar nel 1992, dove Guruji descrive brevemente ma perfettamente le differenze che ci sono tra un corpo flessibile e un corpo meno flessibile, e le potenzialità di entrambi.

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“Molti vedono le fotografie degli asana e pensano che un corpo  flessibile da solo sia in grado di eseguire tali asana. Ma occorre sapere che spesso anche il corpo sottile non riesce a dare riscontro al cervello o alla mente, perché manca di sensibilità. Sebbene la flessibilità del corpo eviti l’esperienza del dolore, esso grava sui nervi, provocando affaticamento, inquietudine e dolore o pesantezza alla testa.

I soggetti flessibili nella pratica esauriscono le energie anziché riceverle; le cellule vengono “spremute” e questo può indurre una infinità di malattie. Il corpo flessibile non stimola l’intelligenza a riflettere su cosa ci sia di sbagliato o di giusto  nella esecuzione di un asana. Al contrario il corpo rigido ha resistenza, azione e opposizione che spingono l’intelligenza a studiare gli asana nella giusta prospettiva.

Nel corpo flessibile non esiste azione, opposizione o resistenza che forniscano stimoli per il pensiero intellettuale e la stabilità emotiva: i praticanti entrano facilmente negli asana senza provare dentro di sé alcuna resistenza né risposta. Quando durante la gravidanza non si sente alcuna risposta, affiora la paura che il bambino non si muova perché privo di vita. Analogamente, l’asana eseguito senza resistenza è un asana privo di vita: come un bimbo nato morto.

Supponete inoltre di ricordare una poesia parola per parola senza conoscerne il significato. Ha senso secondo voi? Solo nel momento in cui conoscete la profondità del significato della poesia iniziate ad apprezzarla. Tale apprezzamento è interazione. Iniziate a riflettere sui versi e la riflessione si riverbera su di voi inducendo pensieri nuovi.

Similmente, mentre si entra in un asana o lo si mantiene, ci deve essere interazione fra corpo e mente come pure fra mente e intelligenza. Può essere che il corpo agisca ma la mente deve reagire. L’intelligenza deve riflettere sulla interazione tra corpo e mente: altrimenti il corpo fa da sé senza mandare alcun messaggio alla mente o all’intelligenza. In questo modo le porte non sia aprono all’intelligenza che non riesce a penetrare all’interno o all’esterno dell’asana, mancando di svilupparla appieno”.

“SE IL CORPO E’ FLESSIBILE, LA MENTE DEVE RESISTERE  E DIVENTARE DURA, AFFINCHE’ IL CORPO POSSA ESEGUIRE GLI ASANA”  B.K.S.Iyengar

 

Fonte: tratto da “Seed of pratical Yoga sown in America”, intervista di Laurie Blakeney, Rose Richardson, Sue Salaniuk e Tony Fhurman, Luglio 1992. Pubblicata da “Yoga 93, American Yoga Convention”, Ann Arbor, Michigan, 1993.

 

Pranayama: l’Amore per la pratica

 

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Cari amici dello yoga,

oggi voglio ricordare con voi le ispiranti parole di B.K.S. Iyengar sulla necessità di sviluppare amore per la pratica dello yoga, nello specifico del pranayama, affinché non diventi un mero esercizio ripetuto meccanicamente, ma un anelito a progredire nello yoga e a preparare la mente a una libertà difficilmente conosciuta nell’ordinario. Grazie allo yoga e a i suoi molteplici strumenti, questo traguardo lentamente diverrà sempre più vicino…

“Riguardo al pranayama voi siete come me. Per anni ero solito alzarmi presto per fare il pranayama. Non appena lo facevo per tre o quattro minuti,  sentivo che era troppo per me, e così terminava il pranayama di quel giorno. Rientra nella natura di chi ha più dinamismo preferire gli asana, mentre altri hanno la forza di fare il pranayama.

Dopo quindici anni di questa pratica irregolare del pranayama, ora trovo la forza di volontà di farlo. Persino un’ora di seguito ora per me è troppo poco. Questo me lo sono guadagnato pazientemente. Do a voi lo stesso consiglio. Ogni giorno praticate cinque o dieci minuti, anche se vi annoia.

Solo allora conquisterete la monotonia, e avrete successo. Poichè non ci sono variazioni nel pranayama, ci si annoia. Al termine di due o tre anni di pratica regolare avrete successo. Persino se lo fate per cinque minuti, fatelo con piena devozione e divenite tutt’uno con esso.”

Sono parole stupende e di una profonda umanità. Lo yoga necessita di consapevolezza e disciplina, due virtù che mal si sposano con la pigrizia e il lassismo, ahimè! E’ necessario trovare il tempo e la voglia di praticare anche da soli se vogliamo approfondire il nostro pranayama. L’uso che si fa del diaframma nella scienza del respiro è fondamentale, e siccome è un elemento esperienziale è impossibile da comprendere a fondo senza una pratica quotidiana regolare.

Grazie alla pratica di pranayama come Viloma I per esempio, riusciamo a sviluppare un completo utilizzo di tutti gli alveoli dei nostri polmoni, che si traduce in un miglioramento della capacità del nostro apparato respiratorio. Queste conoscenze sono necessarie se, come insegnanti, vogliamo dare sollievo a studenti con disturbi polmonari, o se desideriamo quietare le nostre onde mentali agitate grazie a pranayama come Viloma II o Brahmari.

Pranayama e Pratyahara (il ritirare all’interno la mente dai sensi estroversi) assieme rappresentano l’Antaranga Sadhana, o ricerca interiore, dove il praticante controlla il respiro e la mente per accedere a degli stati di coscienza più profondi e meditativi.

Ricorderò per sempre le parole del mio Guruji riguardo al pranayama del Kriya yoga di Swami Sri Yukteswar: “Non basta solo praticare, ricordatelo. Dovete amare questa pratica con tutto il vostro Cuore…” E anche ai miei studenti ripeto le stesse parole di Iyengar: iniziate con poco, con quel che per voi è accessibile e ragionevole. Sviluppate la vostra pratica come un seme che scaturisce dalla terra e diventa una piantina verdeggiante. A suo tempo e con la dovuta disciplina, diverrete delle querce robuste, con le radici saldamente ancorate nelle profondità della vostra anima.

Eyal Shifroni: una sedia per lo yoga

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Cari amici dello yoga,

il post di oggi è dedicato a uno dei più rivoluzionari insegnanti di iyengar yoga che ho avuto la fortuna e il piacere di incontrare: Eyal Shifroni. Ho conosciuto Eyal allo Yoga Festival a Roma del 2014 ed è stato come riconoscere un vecchio amico.

Ho subito preso i riferimenti e l’ho raggiunto a fine dicembre dello stesso anno in Israele a  Zichron Yaakov, il paese dove vive, vicino Tel Aviv. Ho fatto lezione nel centro di casa sua assieme ai suoi studenti e da li’ siamo partiti in ritiro nel deserto del Negev per tre interi giorni, trascorrendo anche il capodanno nel deserto tra pratica di asana e meditazione Vipassana intensiva.

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Eyal si interessa alla pratica dello yoga dal 1978, mentre dal 1985 inizia ad insegnare l’Iyengar Yoga. Di professione informatico, Eyal è un senior teacher che si divide nell’insegnamento tra Zichron Yaakov e il centro di Tel Aviv. Ho intuito subito la genialità del suo insegnamento. Dopo averlo invitato in team con Adriana Calò per la prima volta in Italia lo scorso anno con un seminario che ha avuto tante adesioni, abbiamo rinnovato l’invito anche per l’estate 2016, dove sarà ospite del Centro Surya e del Centro Corpo e Mente entrambi di Civitavecchia.

Siediti e fai yoga!

Eyal Shifroni non insegna lo yoga con la sedia: Eyal è LA SEDIA! Non ho mai visto tanta fertile creatività nello yoga applicato alla sedia. Autore del libro A chair for Yoga, è un vulcano di idee originali su come accedere ad asana apparentemente impossibili grazie all’ausilio di una o più sedie. E nel libro sono descritte solo alcune delle quasi infinite modalità di applicazione che egli insegna nei suoi seminari. Lo rincorro praticamente tra Israele ed Europa, dove viene continuamente invitato.

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L’avventura di Monaco

Ultima delle sue tappe, Monaco di Baviera, dove è stato ospite del centro della gentilissima insegnante Monika Hubner lo scorso 6/8 novembre. Monika ha organizzato tre giorni di stupendo lavoro con Eyal, al quale ho avuto la gioia di partecipare. Tre giorni di studio profondo degli Yoga Sutra, pratica degli asana, pratica del pranayama e alcuni approcci alla meditazione Vipassana, di cui Eyal è esperto insegnante e praticante: insomma tre giorni di yoga COMPLETO!

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Conosco le sue modalità d’insegnamento, ma quel che mi stupisce ogni volta che pratico con Eyal, è la sua geniale prolificità nel trovare metodologie sempre nuove sull’uso delle sedie e non solo! Atmosfera piacevolmente rilassata ma concentrata allo stesso tempo, compagni di pratica gradevoli, il seminario si è svolto in un sottofondo di collaborazione e vicendevole aiuto nella pratica, sotto il vigile sguardo di Eyal che si prodigava in mille spiegazioni e correzioni sugli allievi.

Eyal: l’insegnante

In questo Eyal è un grande, perché non si risparmia affatto ma condivide la sua esperienza nello yoga senza tenersi nulla. Non l’ho MAI sentito alzare la voce, insegna con un modo di parlare rilassato e pacato, e ha un approccio con gli studenti molto semplice e diretto. E’ affascinante vedere come insegna concetti profondi di asana, pranayama e meditazione imbevendo di profonda pace ogni parola dei suoi discorsi. Chi conosce Eyal sa cosa sto scrivendo. Comunica un senso di pace, calma e confidenza che silenziosamente si trasmette nella pratica. La pratica diviene gioia, la pratica diviene quiete silente. Asana in piedi, asana in avanti, archi rotazioni, lo stesso pranayama svolti con le sedie e in tantissime soluzioni.

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Il dono del suo insegnamento

Grazie Eyal per averci fatto scoprire altre dimensioni dello yoga con una semplice sedia. Grazie per averci fatto comprendere che per essere ascoltato un insegnante non ha bisogno di gridare, ma gli bastano la solida esperienza maturata e la compassione verso gli allievi. Grazie per aver approfondito ancora una volta le quattro qualità descritte da Patanjali nel Sutra 1/33: Maitri (l’amicizia), Karuna (la Compassione verso gli esseri senzienti), Mudita (la gioia per la felicità altrui) e Upeksanam (l’indifferenza verso il piacere e  il dolore, la virtù e i vizi). Questi sono i quattro gioielli che predispongono la mente umana verso l’armonia interiore. Se mancano questi, dispiacere e infelicità nasceranno nel Cuore del praticante.

Come tu sempre ci ricordi lo Yoga non è solo tirare su le rotule, ruotare le spalle ed aprire il torace, ma è essenzialmente la pratica di questi divini principi che hanno il potere renderci degli esseri umani migliori: gioire con chi è felice, provare compassione verso chi soffre, essere amici dei virtuosi, essere imparziali verso coloro che vivono nel vizio, malgrado ogni tentativo di farli cambiare. Possiamo noi far germinare quei semi di consapevolezza che tu hai depositato nei nostri cuori.