Thích Nhất Hạnh: la meditazione dei sassolini

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Cari amici dello yoga nel post di oggi voglio segnalarvi una semplice e stupenda pratica meditativa del Maestro buddhista vietnamita Thich Nhat Hanh, dove grazie al sostegno del respiro possiamo allentare la morsa delle vrittis mentali e posizionarci “come una solida montagna” sulla piana della nostra consapevolezza. In questo tipo di meditazione tutto ruota attorno al respiro e si dipana in un continuum spazio-temporale dove la presenza nell’attimo che fluisce è il cardine di questa pratica.

Stare e non fare. Ascoltare il flusso respiratorio. Stabilizzare la seduta per radicarsi alla Terra. Osservare le fluttuazioni della mente che arrivano, si manifestano e si dissolvono, come vapore nell’aria. Praticatelo in un ambiente naturale: al mare, in un bosco, su un prato, sotto un albero, aumentando molto gradatamente nei giorni il tempo di pratica. Iniziate con molto poco.

Cinque o dieci minuti all’inizio sono sufficienti. Dobbiamo comprendere grazie alla pratica, quanto la nostra mente sia presa nei propri meccanismi e come spesso corra come un criceto su una ruota…Man mano si creerà spazio all’interno della nostra coscienza, con il quietarsi delle onde mentali. E in quello spazio il fiore della libertà da io,mio ed Ego inizierà a sbocciare e a diffondere la sua inebriante fragranza: è l’alba del vostro risveglio dal sonno della coscienza. Vi auguro una respirazione cosciente.

“Possiamo sederci tutti in cerchio e affidare a un bambino il ruolo di maestro di campana. Ognuno avrà con sé il sacchettino con i quattro sassolini, preparato in precedenza. Ci potremo sedere sulle sedie, se ne abbiamo di altezza giusta che permettano ai bambini di avere i piedi ben appoggiati a terra, possibilmente senza appoggiarsi allo schienale, oppure ci siederemo a terra su cuscini, con le gambe incrociate. Possiamo anche sovrapporre due o più cuscini e sederci sopra di essi, dopo esserci inginocchiati con le gambe ai lati dei cuscini. L’importante è che la schiena resti eretta ma morbida e flessibile, con la cima della testa verso l’alto; possiamo tenere gli occhi aperti o socchiusi, con sguardo sfocato diretto davanti a noi verso il basso.

Ascoltiamo insieme i tre suoni di campana che aprono la meditazione dei sassolini, accompagnandoli con la consapevolezza del respiro.
…………………

Versa fuori dal sacchetto i sassolini e mettili per terra alla tua sinistra. Prendi un sassolino e guardalo: il primo sassolino rappresenta un fiore; rappresenta anche la tua stessa freschezza e la natura di fiore che è in te.
Metti il sassolino sul palmo della mano sinistra e poi appoggia la sinistra sulla destra, anch’essa a palmo in su, per dare inizio alla tua meditazione sulla tua natura di fiore:

Inspirando, mi vedo come un fiore.
Espirando, mi sento fresco. 

Non si tratta di fare finta: tu sei un fiore nel giardino dell’umanità.
Vediti come un fiore. È utilissimo sorridere durante la pratica: un fiore sorride sempre.
Pratica tre volte “fiore/fresco” ad ogni inspirazione ed espirazione …………
Ora prendi il sassolino e posalo a terra alla tua destra.

Ora prendi il secondo sassolino e guardalo.
Questo sassolino rappresenta una montagna.
Una montagna è simbolo di solidità. Tu sei te stesso, sei stabile, sei solido. Se non sei solido non puoi essere veramente felice: ti lascerai smuovere da provocazioni, rabbia, paura, rimorso o ansia.

Questa meditazione è meglio praticarla in posizione seduta perché nel mezzo loto o nel loto completo il corpo si sente molto stabile e solido: anche se arriva qualcuno e ti dà una spinta, non cadi.
Dopo aver posato il secondo sassolino nel palmo della mano sinistra e appoggiato la sinistra sulla destra, a palmo in su, cominci a meditare sulla montagna.

Inspirando, mi vedo come una montagna.
Espirando, mi sento solido.

Ripeti “montagna/solido” tre volte, ad ogni inspirazione ed espirazione. ………….
Quando sei solido non è più tanto facile farti perdere l’equilibrio, nel corpo e nella mente.
Puoi prendere il sassolino e posarlo a terra alla tua destra.

Prendi ora il terzo sassolino e posalo sul palmo della sinistra, che andrà a raggiungere la
destra posata in grembo a palmo in su. Il terzo sassolino rappresenta l’acqua tranquilla.
Capita di vedere un laghetto o uno stagno che ha acque così calme da riflettere con precisione tutto ciò che ha intorno: è così tranquillo che riesce a riflettere il cielo azzurro, le nuvole bianche, le montagne, gli alberi; puoi puntare la macchina fotografica sul lago e fare una foto del cielo e delle montagne che vi sono riflesse, proprio identiche.
Quando hai la mente calma, questa riflette le cose così come sono e tu non sei vittima di percezioni erronee. Quando la tua mente invece è disturbata da forti desideri, rabbia o gelosia percepisci le cose in maniera sbagliata. Le percezioni erronee generano in noi molta rabbia, paura, violenza e ci spingono a fare o dire cose che distruggono tutto.
Questa pratica ti aiuta a recuperare la calma e la pace, rappresentata dall’acqua tranquilla.

Inspirando, mi vedo come acqua tranquilla.
Espirando, rifletto le cose come sono in realtà.

Ripeti “acqua-rifletto” tre volte, ad ogni inspirazione ed espirazione……………
Non si tratta di un pensiero di buon augurio: con la consapevolezza del respiro puoi dare pace al respiro, al corpo, ai sentimenti. Ora puoi posare il sassolino alla tua destra.

Il quarto sassolino rappresenta lo spazio e la libertà. Se nel cuore non hai spazio a sufficienza, ti sarà molto difficile sentirti felice. Quando sistemi i fiori, capisci bene che i fiori hanno bisogno di un po’ di spazio, intorno, per irradiare la loro bellezza.(1)
Ogni persona ha bisogno a sua volta di spazio. Se vuoi bene a una persona, una delle cose più preziose che le puoi offrire è lo spazio, e quello non lo si può comprare al supermercato!
Visualizza la luna che veleggia nel cielo: ha un sacco di spazio intorno a sé, che fa parte della sua bellezza. Molti discepoli del Buddha hanno descritto il loro maestro come una luna piena che veleggia nel cielo vuoto.

Inspirando mi sento come spazio.
Espirando, mi sento libero. 

Ripeti “spazio – libero” tre volte, ad ogni inspirazione ed espirazione ………….

Ogni persona ha bisogno di libertà e spazio. Anche in famiglia, offri spazio a tua volta alle persone care. Puoi offrir loro anche il dono di questa meditazione dei sassolini: così potrai aiutare ogni tuo familiare ad allontanare le preoccupazioni, le paure e la rabbia che ha dentro di sé.
Qui termina la meditazione dei sassolini. Ascoltiamo di nuovo i tre suoni di campana; poi ci alzeremo e ci inchineremo gli uni agli altri con il gesto del loto per ringraziarci di avere praticato insieme.”

(1) È una delle regole fondamentali dell’ikebana,
l’arte giapponese di disporre i fiori diffusa in tutto l’Oriente. (NdT)

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Fonte: Associazione Essere Pace

Gabriella Giubilaro insegna Adho Mukha Vrkshasana

 

 

Cari amici dello yoga, oggi condivido con voi una lezione su Adho Mukha Vrkshsana tenuta da Gabriella Giubilaro, insegnante senior e mia formatrice nello yoga Iyengar. Anche se in lingua inglese, le spiegazioni sono chiare e gli allievi che eseguono l’asana mostrano tipologie di corpi differenti che approcciano l’asana con lievi variazioni, pur rispettando le linee-guida e le azioni dettate da Gabriella.

Viene spiegato cosa fare e cosa non fare. Come preparare il corpo alla posizione estendendo le gambe e la schiena correttamente, dove posizionare le mani nella giusta distanza e come salire. Ad uno studente viene suggerito l’uso di una cinta per ottimizzare la presa dell’asana e il suo mantenimento. La stessa precisione nelle azioni viene descritta anche nella discesa dall’asana, fase non meno importante della salita.

Un utile promemoria per i miei studenti e per chiunque voglia rinfrescare la memoria delle azioni da fare in Adho Mukha Vrikshasana. Gabriella Giubilaro sarà ospite nel nostro nuovo centro di yoga Surya a Civitavecchia il giorno 28/05/2016. E’ un onore e una gioia per me averla nel mio studio: ripenso a quel lontano giorno del 2002 alla convention con Geeta Iyengar a Montecatini quando la conobbi a gli chiesi di poter iniziare a studiare con lei.

Da quel giorno quel dorato filo didattico non ha mai cessato di dipanarsi, e questo sodalizio nello yoga si va sempre più rinsaldando: è grazie a Gabriella e alla sua forte spinta che sono quel che sono in questo yoga, e per me sarà sempre un punto di riferimento. Buona pratica!

I tesori nascosti nelle scritture vediche

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Cari amici dello yoga nel poster di oggi voglio parlare della profondità delle scritture vediche e come spesso personaggi,contesti, episodi e molto altro abbiano dei riferimenti con le pratiche yogiche e con i numerosi ostacoli e fasi di lavoro che il praticante incontra sul suo sentiero.

Le scritture dell’antica tradizione vedica sono sempre da intendersi a doppio senso. Ciò di cui trattano è un continuo riferimento alla sadhana che avviene all’interno di un devoto quando pratica le varie fasi dello yoga. Nella sua introduzione ai commenti della Bhagavad Gita, Paramahansa Yogananda fa riferimento al corpo-mente come lo Kshetrajna ( il campo) di Kurukshetra, dove le forze del bene e del male raffigurate dai Pandava e dai Kaurava, quotidianamente combattono la loro eterna battaglia per avere la supremazia sull’anima del devoto praticante.

Ogni giorno i sensi si organizzano per trascinare via dalla sadhana e dallo spirito di ricerca l’attenzione del praticante. Usando metafore e un linguaggio fiorito, le scritture descrivono minuziosamente questa eterna battaglia che ogni giorno viene combattuta all’interno delle nostre anime. Battaglie con morti, feriti gravi, atti di puro eroismo e sacrificio, vincite e perdite. Nessuno di noi è escluso da questa guerra: gli antichi Rishi ne erano coscienti, e chi si avvicina alla pratica dello yoga vede profilarsi innanzi le schiere della propria mente agitata pronte a scagliarsi contro armi in pugno. E che armi! Prendiamo la scrittura epica del Ramayana, che in India viene quotidianamente cantata e rappresentata nel teatro classico.

L’epopea del Ramayana si svolge quotidianamente all’interno del nostro corpo. La nostra anima è il Signore Rama, sublime modello di purezza, integrità morale e rappresentante del Dharma sulla terra. La nostra mente viene rappresentata da Sita, il cui ideale di vita è mantenersi pura nella sadhana per unirsi al suo divino sposo, il Signore Rama. Il fratello di Rama, Lakshamana rappresenta la pura consapevolezza al servizio dell’anima. Hanuman, il devoto guerriero-scimmia rappresenta il potere del Prana smosso da una intensa e regolare pratica del pranayama. Il demone Ravana, che rapì Sita trascinandola prigioniera nell’isola di Lanka, rappresenta il nostro Ego e viene raffigurato come un essere mostruoso a dieci teste: i 5 jnana indriya (organi di percezione) e i 5 karma indriya (organi di azione), mediante le quali Ravana divora insaziabilmente la nostra più tenue aspirazione alla sadhana e alla ricerca del Sè divino. Quando ogni giorno la mente ( Sita) viene rapita da Ravana, la nostra anima diventa irrequieta e va disperatamente alla sua ricerca. Di per se stessa l’anima non può unificarsi alla mente spiritualizzata, ma ha bisogno di un possente e fedele guerriero che gli fa da tramite: il Prana ( Hanuman) del respiro, che fedelmente segue l’anima ovunque essa vada.

Col potente aiuto del prana, grazie alla pratica regolare, disciplinata e devota del pranayama, la mente (Sita) ritrova il suo divino sposo, l’Anima (il Signore Rama), e il divino equilibrio viene ristabilito. Dopo una feroce battaglia, Rama sconfigge Ravana, e l’Età dell’Oro viene instaurata sul pianeta. Riflettendo sul personaggio di Hanuman, ci fa capire i significati profondi del PERCHE’ le scritture usarono le figure di questi divini personaggi per istruire i praticanti. Hanuman è una scimmia, un Vanara, ma è il brahmachari PERFETTO.

Le scimmie non controllano affatto i propri impulsi sessuali. Le scimmie, rispetto agli esseri umani, fanno cose sensa senso e sono abbastanza ottuse. Hanuman ha una conoscenza della sadhana e del Dharma supremi, ed è considerato il Principe di tutti i devoti (Baktha), colui che si squarciò il petto ed apparve l’immagine di Rama e Sita abbracciati: la sua mente è sempre centrata sul Sè eterno. Questo a significare che un VERO devoto possiede quella Shradda (fede) che lo rende come Dio stesso, ovvero una incarnazione di Amore e Vidya (conoscenza del Dharma). Vi auguro un profondo studio della Gita e del Ramayana, tesori immortali di una scienza antica come le montagne dell’Himalaya: lo yoga.

 

La capacità di aiutare gli studenti nello yoga.

 

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Cari amici dello yoga, il post che vi propongo oggi parla di come aiutare i praticanti nelle varie problematiche fisiche e psicologiche utilizzando gli strumenti dello yoga. Leggendo e rileggendo gli insegnamenti di B.K.S. Iyengar e sforzandomi di coglierne l’intimo e profondo significato, ho notato la sua straordinaria capacità di osservazione verso i suoi studenti. Tutto questo mi ha fatto riflettere su quanto ancora c’è da migliorare, affinare e approfondire sulle strategie dello yoga terapeutico, un aspetto dello yoga che mi ha sempre affascinato. Scorrendo le sue parole risultano evidenti le profondità abissali dalle quali Guruji esaminava lo yoga terapia. Egli si chiedeva dapprima “Come possiamo stimolare gli organi interni senza rischiare di irritarli?”

Egli suddivise quindi due tipi di azioni e movimenti di approccio terapeutico: un movimento stimolante e un movimento vigoroso, cercando di collocarli saggiamente nelle sue modalità d’insegnamento. Tanto per cominciare negli studenti che cercava di aiutare, toglieva tutti i movimenti che non erano a loro congeniali, ai loro disturbi e alle loro sofferenze. Poi iniziava con una tipologia di lavoro stimolante che preparasse il corpo e la mente degli allievi prima di portarli verso un livello di lavoro vigoroso. E anche quando veniva fatto eseguire quest’ultimo vigoroso approccio allo yoga, lo si faceva in maniera graduale e progressivamente intensa. Parlando con Garth Mc Lean ho avuto riscontro di queso metodo didattico dello yoga Iyengar nelle varie patologie: ascoltare la sua esperienza di percorso yogaterapeutico con Guruji, è stato per me illuminante. Man mano che il lavoro vigoroso si sviluppava, l’occhio vigile di Iyengar studiava se gli studenti potessero sopportare questo graduale incremento del livello di pratica, andando una spanna ogni volta oltre le loro già conquistate possibilità, e ogni volta riaggiustando saggiamente per non far perdere quella sensazione di rigenerante vigore nel corpo. Profonde e illuminanti le parole di Iyengar sul movimento stimolante e vigoroso:

“Per movimento vigoroso, io non intendo qualcosa che irriti la mente. Uno stress sbagliato provoca una irritazione nel corpo come pure nella mente. Il momento che dovessi ricevere questo messaggio dai loro linguaggi corporei, dovrei di nuovo apprendere e rilavorare per far si che quello stress sbagliato non sia percepito su quell’organo interno e sulla mente. In questo modo ho imparato come diventare un insegnante bravo ed esigente.”

Iyengar leggeva attentamente le diagnosi mediche con le quali alcuni dei suoi studenti si presentavano, cercando di capire quale fosse la “velocità” con la quale la malattia aveva attaccato gli organi di quelle persone. Poi soppesava il coraggio che lo studente possedeva, studiandolo attentamente negli asana se fosse idoneo a sopportare il peso di quella pratica, osservando la mobilità articolare e i vari movimenti.

“Quindi devo creare fiducia nello studente se vedo che quella persona non ne ha, facendogli lavorare asana piacevoli. In quel momento non tratto mai la malattia. Per prima cosa coltiverò il loro corpo e la loro mente affinchè sviluppino il potere della tolleranza. Dopo procederò con gli asana attaccando la malattia direttamente. Fino ad allora, do tempo e creo confidenza in quella persona per fargli sentire che l’asana è confortevole, nella zona malata.Quando un liquido è mantenuto nel vuoto, è sotto una certa pressione. La pressione è persa quando si rilascia il vuoto. Nello stesso modo in una persona malata il vuoto mentale è molto potente. Quindi io devo togliere il vuoto dai loro corpi così che la tranquillità della mente e il flusso ritmico dell’energia sia rilasciato nelle fibre e nel sistema nervoso, per sortire l’effetto di guarigione. Quando questo viene rilasciato, lavoro nelle zone circostanti, che sono lievemente distali dall’area malata prima riarmonizzandole, e poi aspettandomi un feedback. Non procedo mai oltre se non c’è un feedback. Ogni momento chiedo – me va? Come stai? – A volte mi dicono bene, altre volte male, altre volte insopportabile, a volte non riesco a capire. Dai loro feedback mi adopero per aggiustare gli asana uno dopo l’altro.”

Descrivere l’esperienza di Iyengar sull’aiuto che lo yoga può dare ai praticanti richiederebbe ore di scrittura, e solo su queste parole penso che non mi basterà una vita di lavoro tra studio e applicazione dei principi dello yogaterapia. Penso solo a quanta ricerca, dedizione e disciplina siano stati necessari per far si che oggi possiamo godere di tanta ricchezza e varietà tra serie terapeutiche, variazioni degli asana per ogni caso specifico e props che guidano il corpo verso l’esecuzione corretta e sicura dell’asana.

All’osservatore superficiale sembra che tanta ricchezza tra asana e pranayama sia scontata e ovvia. Ma a un occhio attento e profondo non sfugge che dietro a tanta preziosa eredità, ci sia stata una vita di amorevole disciplina e ricerca instancabile nel campo dello yoga e delle sue infinite applicazioni. A voi studenti che usufruite di tanta armonia praticando lo yoga, dico di rivolgere un pensiero di Luce a chi ha reso possibile la sua diffusione e a chi, con tanti tentativi, errori e piccole vittorie, cerca di fare il massimo per farvi giungere questa scienza sacra incorrotta. A noi che abbiamo il delicato onere di insegnare e tramandare onestamente lo yoga, chiedo di non perdere mai quello slancio vitale, quel Fuoco Sacro interiore, quell’entusiasmo necessari per aiutare i nostri simili lungo le vie impervie di questo sentiero. La parola entusiasmo deriva dal greco “En Theos” che significa unito a Dio, con Dio dentro di sé. Se perdiamo questa unione , yoga, con la nostra parte spirituale come potremo mai insegnare questa divina arte, antica come l’Himalaya? Vi auguro una buona pratica…

Fonte: Yoga Rahasya, serie di articoli sullo yoga terapia, anni 1994-2009

 

La maturità nella pratica dello yoga

 

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Cari amici dello yoga il post di oggi tratta dei diversi effetti che gli asana hanno sul corpo e sulla mente. Lavorando con i miei studenti spesso ho sperimentato su me stesso e sulla classe sensazioni che generi di asana differenti provocano sui praticanti. Questa vichara (osservazione,studio) va necessariamente fatta durante l’esecuzione delle varie posture Non solo, ma va appresa e coltivata come pietra di fondamento degi asana stessi: come coltivare la resistenza nel timing di tenuta nelle posizioni, o altre abilità come le capovolte, gli archi ecc. Questo perchè, osservando gli studenti lavorare, ho capito che con l’aumentare della precisione e della correzione, l’azione degli asana sul corpo e sulla mente diventava più incisiva. L’aumentata osservazione e percezione che nasce da questo modo di praticare, dona agli studenti una consapevolezza cristallina nella mente e una profonda stabilità nel corpo: i praticanti gradualmente si arricchiscono di qualità yogiche che fortificano le loro coscienze.

B.K.S.Iyengar scrive sull’introduzione agli Yoga Sutra di Patanjali “All’inizio si richiede sforzo, per praticare gli asana. Lo sforzo richiede ore, giorni, mesi, anni e persine diverse vite di lavoro.Quando lo sforzo “faticoso” negli asana diviene sforzo facile, senza sforzo,un praticante ha padroneggiato l’asana. In questa modo, ogni asana deve divenire senza sforzo. Mentre si eseguono gli asana, si devono rilassare le cellule del cervello, attivare le cellule degli organi vitali, della struttura del corpo e dell’ossatura scheletrica. Allora l’intelligenza e la coscienza possono diffondersi in ogni cellula del corpo. Il connubio tra sforzo, concentrazione ed equilibrio negli asana ci costringe a vivere nel momento presente, una esperienza rara per la vita moderna. Questa attualità, o essere nel presente ha un effetto sia rafforzante che purificante: Fisicamente, nel respingere le malattie; mentalmente, sgombrando la nostra coscienza da pensieri ristagnanti o pregiudizi; e su un più alto livello dove percezione ed azione diventano uno, ci insegnano una corretta azione nel momento presente: come si dice – una azione che non produce reazione – . A quel livello si possono cancellare gli effetti residui delle azioni passate.

L’esperienza mi ha anche insegnato che la rappresentazione esterna di un asana difficilmente riflette la sua vera essenza. Questo perchè ognuno di noi è diverso dall’altro, e ognuno di noi manifesta alcune o solo una delle infinite ricchezze interiori di quello stesso asana. Se leggiamo Teoria e pratica dello Yoga, Iyengar in quelle foto esprime alcune delle vere potenzialità energetiche e mentali di quelle posture. Ma persino in questo caso l’immagine non rivela ciò che realmente soggiace dietro quella rappresentazione: gli effetti profondi sono sempre interni per cui…COME quantificarli? Prashant Iyengar, suo figlio, è solito ripetere che “un asana non dovrebbe mai essere fotografata” poiche una immagine diluisce sempre la vera essenza della posizione e non trasmette l’esperienza mentale, che è il cuore dell’asana stessa. Spesso la sfida che lo yoga ci pone innanzi è ardua: posizioni spesso complicate che possono a volte risultarci anche innaturali! Gli studenti spesso fronteggiano fatica e anche stress nel tentativo di effettuare molti asana. Persino praticanti esperti nel tentativo di affrontare asana più avanzati, sperimentano tensione muscolare e fatica nella muscolatura e nell’apparato respiratorio. Gli asana e le loro varianti sono pressochè infiniti, per cui praticanti di ogni livello si trovano ad affrontare sfide diverse per il corpo e la mente.

Sto scoprendo anche che la maturità nella pratica non è tanto dovuta agli asana avanzati che si possono eseguire, quanto alla qualità della nostra attitudine interna che mettiamo nell’eseguire anche un “semplice” Tadasana. La maturità di un praticante si vede da come riesce a mantenere un viso rilassato, una gola soffice e un respiro fluido nonostante sia impegnato nello sforzo e nella tensione per mantenere l’asana: la fatica fisica non provoca più tensione psicologica. L’acquisita abilità di controllare il respiro e rilassare gli organi dei sensi ci permette di permanere nell’asana in maniera più meditativa che fisica, che è un traguardo finale nella pratica dello yoga. In sintesi apprendiamo come rimanere calmi e ben strutturati senza reagire negativamente allo stress con tensioni e chiusure, cosa che gradualmente percolerà nel nostro vissuto quotidiano migliorandoci nei rapporti interpersonali, sul lavoro e ampliando la nostra visione del mondo stesso.

Ognuno di noi deve misurarsi tutti i giorni con varie sfide, tensioni mentali e stress lavorativi. Ma se già dal tappetino di pratica riusciamo a rimanere integri e a reagire proattivamente, avremo trovato una risposta armoniosa a ciò che la vita ci presenta ogni giorno. Non risponderemo più automaticamente e secondo istinto, ma sapremo selezionare un comportamento armonioso il cui seme è stato piantato mesi in avanti nel campo della nostra stanza di pratica: e i frutti, rigogliosi, non tarderanno a manifestarsi. Vi auguro una buona pratica!