Uscire dalla bolla della nostra vita

 

 

 

Cari amici dello Yoga nel post di oggi voglio riportare le parole di Prashant Iyengar, figlio di B.K.S. Iyengar sull’importanza di usare le azioni corporee nella nostra pratica, per svincolarci dai legami dell’ego e scendere profondamente nel santuario delle nostre anime, così da poter capire ancor più profondamente che lo Yoga non è una semplice e meccanica ripetizione di posizioni, ma un prezioso strumento donatoci dai saggi per poter effettuare Swadhyaya, la conoscenza di noi stessi, in un processo a spirale che si dipana all’Infinito, dove il vaso della nostra consapevolezza diviene gradualmente sempre più vasto. Vi auguro una buona pratica, ricordando sempre le parole di Prashant.

 

“Le qualità e le identità che attribuiamo a noi stessi come – Io sono un indiano/americano/cinese oppure -sono un uomo, una donna, vecchio, in salute, malato, ecc. sono attrazioni gravitazionali nei confronti del nostro corpo. Agiscono come parassiti. Di solito viviamo la nostra vita come in una bolla. Questa bolla ci limita quando ci aggrappiamo a delle particolari qualità che esercitano la loro influenza su di noi. Attraverso i Sarira-Kriyas (le azioni corporee) di pura coordinazione voi lasciate andare la presa di questa bolla. Entriamo in una dimensione di noi stessi che è universale e onnipervadente.

Ci sono molti Sarira (corpo) Kriyas (azioni) che posso affrancarci da questo pesante fardello. Per esempio, esalare con consapevolezza dai lobi del vostro cervello, dai muscoli della vostra schiena, dalle vostre pelvi, dai vostri occhi. In similimomenti di coordinazione, scoprirete di avere una differente esperienza di voi stessi. Lo yoga non riguarda(solo) l’azione delle posture: girate il vostro piede a sinistro in dentro e il vostro piede destro in fuori. Ma è usare i Sarira Kriyas per entrare nel santuario all’interno di voi stessi, che è Universale.”

Fonte:Traduzione da una classe di Prashant Iyengar del 09/02/2017, RIMYI, a cura di Zoe Stewart e Bobby Clennell.

La corretta relazione tra lo studente e il suo insegnante

“Lo scopo dell’asana non è tanto padroneggiare la posizione. Quanto su come usare la postura per capire e trasformare noi stessi”.

B.K.S.Iyengar

 

Cari amici dello yoga, il post di oggi è una riflessione sul corretto rapporto che dovrebbe instaurarsi tra lo studente che si avvicina alla pratica dello yoga e il suo insegnante, che si prodiga al meglio per travasare nella giusta maniera i concetti all’allievo nel tempo.

“Lo studente, proprio come l’insegnante, ha bisogno di praticare fedelmente. L’insegnante dedica TEMPO e SFORZO nel prepararsi per la classe e l’insegnamento che lo attendono: per ricevere il massimo dei benefici lo studente deve assumersi lo stesso impegno. Naturalmente, svariati eventi della vita potrebbero interrompere una pratica costante e regolare.  Qualcuno potrebbe interrompere per giorni o persino per settimane, senza una solida pratica: chi di noi non ha vissuto periodi simili? Ma alla fine la disciplina di una pratica regolare deve essere consolidata, se si vuole che lo yoga incida nel nostro livello più profondo.

Guruji B.K.S. Iyengar ripeteva il suo semplice ma profondo consiglio più e più volte, che è “PRATICA”. Solo attraverso la pratica può arrivare la comprensione. E dalla comprensione arriva l’intuizione, dall’intuizione arriva la saggezza, la libertà, vera essenza dell’arte dello yoga. Si dovrebbe sperimentare questo processo evolutivo senza fine su sé stessi. Questo processo non può essere appreso con nessun altro mezzo se non con la pratica. Una parte del lavoro dell’insegnante è ispirare lo studente a mantenere una pratica regolare, ma il compito dello studente e di prendere quell’energia di ispirazione e trasformarla nella realtà dell’azione

Dedico queste sacre parole del genio creativo di B.K.S. Iyengar ai miei insegnanti formatori, a Sandra Bertana mia attuale insegnante che con pazienta infinita sta donandomi l’arte dello yoga smussando con grande perizia i miei spigoli, e a tutti i miei ragazzi, affinché utilizzino queste parole per una crescita e comprensione creative nell’universo meraviglioso e sempre nuovo che è l’Iyengar yoga.

 

Fonte: Da un estratto di Pushpanjali, di B.K.S.Iyengar

Yoga come terapia genetica

 
Cari amici dello yoga oggi vi propongo un post tratto da un recente articolo  della giornalista Agnese Codignola, prolifica scrittrice  di molti articoli scientifici sul Sole 24 Ore, dove lo yoga viene trattato come studio genetico, e di come sia possibile frenare la degenarazione cellulare tipica dell’età senile applicando la pratica corretta e regolare dello Yoga unita ad uno stile di vita salutista. Non aggiungo né commenti né considerazioni, in quanto l’articolo parla chiaramente da sé. Un invito a riflettere…
“Lo Yoga modifica il genoma attraverso un meccanismo epigenetico, che cioè non interviene sulla struttura della doppia elica, ma sull’espressione dei geni che essa contiene.
Per questo assicura – a chi pratica con costanza e per periodi di tempo non troppo brevi – benefici duraturi e di una portata che nessuno, fino a pochi anni fa, riusciva a spiegare dal punto di vista biologico su cuore, cervello, apparato respiratorio e digestivo. Che vanno ad aggiungersi ai benefici immediati sull’elasticità di muscoli, tendini e giunture, sulla respirazione, sull’umore e su molti altri sintomi e disturbi.
La spiegazione tanto attesa è arrivata grazie a una metanalisi pubblicata su Frontiers in Immunology dai ricercatori delle Università britanniche di Coventry e Radbout, che hanno analizzato 11 studi effettuati nell’ultimo decennio che hanno coinvolto più di 800 persone, e dimostrato che ciò che lo yoga cambia in misura sostanziale è l’espressione di un gene chiamato Nuclear Factor kappa B o NF-kB.
Spiega Francesco Bottaccioli che ai complicati intrecci tra mente, sistema immunitario e sistema endocrino ha dedicato molti studi e diversi libri, presidente onorario della Società italiana di psico- neuro-endocrino-immunologia:
 
L’NF-kB è un gene cruciale, perché regola l’accensione o lo spegnimento di oltre 400 geni diversi legati all’infiammazione: per questo un effetto su di esso ha conseguenze molto ampie, come è evidente da tutto ciò che una pratica comporta su apparati e organi anche molto diversi, da quello respiratorio a quello muscolare, da quello digestivo a quello nervoso.
 
In condizioni normali, il gene serve per attivare tutta la cascata di eventi che, in risposta a uno stress di qualunque tipo, portano all’infiammazione, estrema difesa dell’organismo. Ma quando l’alimentazione è scorretta, ci si muove poco, si fuma, si vive in ambienti inquinati e si è stressati o malati, il gene può essere più attivato del dovuto, e portare così a uno stato di infiammazione cronica, o anche solo a una iperattivazione del sistema immunitario, condizioni che non conducono a nulla di buono.
Quello che si è scoperto negli ultimi anni, e questa metanalisi lo conferma aggiunge Bottaccioli – è che lo yoga, grazie a un’azione epigenetica, modula l’azione di NF-kB, cioè ne attenua la reattività, permettendo di prevenire alcune patologie e di iniziare a curarne altre, una volta che la persona abbia già cominciato a non sentirsi bene.
 
Alcuni degli studi presi in esame dai ricercatori inglesi, in effetti, mostrano che se si analizza lo stato epigenetico di persone che non praticano o non meditano e poi si ripetono i test dopo un certo periodo di pratica, la situazione cambia in maniera evidente, e misurabile.
E negli ultimi mesi altre ricerche vanno nella stessa direzione. Su tutte, una pubblicata da Obesity: gli endocrinologi dell’Università della Pennsylvania hanno dimostrato, su un’ottantina di donne obese o in sovrappeso, che,anche senza altri interventi per esempio sulla dieta e sullo stile di vita, la meditazione abbassa significativamente e stabilmente la glicemia a digiuno, un parametro che le persone a rischio diabete devono tenere sotto controllo.
Un altro lavoro, pubblicato dai ricercatori dell’Università di San Paolo, in Brasile, su Frontiers in Aging Neuroscience, mostra poi che il cervello degli yogi anziani, cioè di chi ha praticato per molti anni (almeno 8, an- che se la maggior parte dei 21 partecipanti ultrasessantenni praticava da 15) con regolarità, presenta una corteccia prefrontale (il cui assottigliamento è un fattore di rischio per la demenza) più spessa dei coetanei che non hanno mai seguito una delle discipline mente-corpo.
Per avere questi effetti, commenta Bottaccioli, ci vogliono pazienza e costanza:
“Queste modifiche riguardano l’espressione o la mancata espressione di alcuni geni, fenomeni che richiedono tempo. Questo significa che non basta praticare una tantum, ma è necessario intraprendere un percorso nel quale non solo si impara a farlo nel modo giusto, ma si dà anche il tempo all’organismo di effettuare le modifiche suggerite da una certa azione e poi goderne appieno i benefici. Inoltre, poiché si tratta sempre di effetti relativamente duraturi ma reversibili, è bene continuare per tutta la vita, scelta che del resto molti fanno proprio perché percepiscono che qualcosa migliora, e migliora costantemente “.
 
Naturalmente non basta praticare yoga, thai chi o meditare per mantenersi in salute: l’epigenetica risente dello stile di vita, dell’alimentazione, del contatto con sostanze nocive quali il fumo o l’inquinamento, e dell’attività fisica, che va mantenuta sempre e praticata con regolarità. Ma è indubbio che questo tipo di attività faccia aumentare la consapevolezza dello stato di salute e aiuti a focalizzarsi sul proprio stile di vita. Il che molto spesso si traduce in un cambiamento di abitudini sempre positivo, a sua volta dotato di un forte potere epigenetico.
La meditazione abbassa la glicemia a digiuno. Ma per i vantaggi serve costanza. Gli effetti benefici sono duraturi ma reversibili. Bisogna farlo per sempre.”

L’uso della sedia nello yoga Iyengar

 

Cari amici dello yoga, continua ancora la serie sull’origine dei props e di come B.K.S. Iyengar trovò continue soluzioni per venire incontro alle esigenze dei suoi studenti e per dare un aiuto concreto a coloro che, a causa di disturbi fisici più o meno gravi, non potevano approcciare gli asana senza un supporto che li aiutasse nella loro pratica. Spesso durante le lezioni con i nostri insegnanti facciamo uso della sedia, singola o a coppia, per eseguire asana anche di una certa difficoltà o per variare gli asana stessi approfondendone lo studio con molte sfumature diverse. Ma come è nata dal genio creativo di B.K.S. Iyengar l’idea di integrare, nei vari props usati a Poone, l’uso della sedia? Vi riporto le sue stesse parole cercando di rendere giustizia con la traduzione in italiano.

“Viparita Dandasana è stata una degli asana che mi richiese di pensare circa le molteplici alternative di sviluppare (creare) differenti props. La sedia fu usata per prima per Viparita Dandasana. Dopo averlo eseguito al “tamburo”, pensavo a quest’asana con due sedie per le persone che trovavano il tamburo difficile per la posizione delle gambe. Soltanto dopo realizzai che persino una sola sedia era sufficiente per Viparita Dandasana. Offriva un fermo supporto e creava anche un senso di sicurezza e stabilità.

Questo può essere chiaramente visto in Kapotasana con la sedia. In Light on Yoga ho usato soltanto un prop: una panca per Sarvangasana che vidi nello studio fotografico dove si stava tenendo il servizio fotografico per il libro. Supportava la schiena e le mani rimanevano sotto la panca. Poi iniziai ad usare la sedia per far eseguire Sarvangasana agli studenti. Nel periodo iniziale le spalle erano portate al pavimento, e il peso dello studente era diretto in modo sbagliato. Per ovviare a questo, venne il bolster posizionato sotto le spalle, che aiutava anche a raggiungere una corretta flessione del collo.

La seduta della sedia offriva un ottimo supporto lombo-sacrale, e impediva a quella zona di scivolare giù. Gli studenti potevano regolare la posizione afferrandosi al sedile della sedia con le spalle attivamente ruotate indietro. Molte persone non potevano neanche fare Halasana, all’epoca. Così gli davo un’altra sedia per i piedi. L’idea di scivolare via dalla sedia venne molto più tardi”…

Ogni qual volta prendiamo una sedia per eseguire uno degli infiniti asana trasmessoci da Guruji, riflettiamo a quanti molteplici tentativi si sottopose per poi offrire il dono dell’uso creativo dei props. Generazioni intere saranno in debito con lui. Buona pratica con la sedia!

Yoga e tonificazione muscolare

 

 

Cari amici dello yoga, il post di oggi è una breve riflessione sui benefici dello yoga per mantenere sia il corpo che la mente in salute nella seconda metà della nostra vita. Man mano che il tempo avanza notiamo che i muscoli delle braccia e delle gambe iniziano a perdere di tono, e il lavoro che si deve fare è cercare di mantenere questo tono muscolare più che sia possibile. Nell’Iyengar yoga il lavoro degli Utthita Stithi (asana in piedi) rappresenta il nucleo centrale della pratica. Solo dopo aver fatto una solida pratica e aver padroneggiato le basi di questi asana lo studente è preparato per affrontare altre tipologie di posture come i Pashima Sthiti ( discese in avanti), i Purva Prathana Sthiti (gli archi all’indietro), i Parivritta Sthiti (le rotazioni) e le capovolte.

Tuttavia ci sono un gran numero di muscoli all’interno del corpo che come quelli esterni di gambe e braccia tendono a perdere di tono, come i muscoli rettali, i muscoli della vescica, l’intestino crasso, il pavimento pelvico, la guaina del retto, l’utero gli ancoraggi dei vari legamenti, il diaframma ecc. Gli antichi yogi con la loro profonda intuizione svilupparono diverse procedure yogiche per esercitare questi tipi di muscolatura per rafforzarli e mantenerne il tono, rallentando così il processo degenerativo naturale dovuto all’età.

Chi pratica lo yoga non è nuovo a pratiche come Maha Mudra, Jalandhara bandha, Uddiyana Bandha, Aswini mudra, Mula bandha e Agni Sara; a pranayama come Kapalabhati, Bhastrika e a tutte le fasi del Kumbaka (ritenzione del respiro) nel pranayama: Antahr e bahya Kumbaka (ritenzione a polmoni pieni e a polmoni vuoti rispettivamente). Anche asana come Viparita Karani e azioni come il  Nauli Kriya sono fondamentali.

All’occhio di un profano queste pratiche possono apparire “strane”, ma assolvono egregiamente allo scopo di tonificare i muscoli interni e prevenirne la decadenza. Sotto la guida di un insegnante qualificato, questi processi dovrebbero essere appresi correttamente, praticati con estrema cautela ed usati con profonda discriminazione. L’allievo sotto al guida attenta dell’insegnante, sceglierà le pratiche più appropriate per l’applicazione e la ricerca personale. Vi auguro una fruttuosa ricerca e una buona pratica!