Vivere in pienezza

 

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 “Entro i limiti imposti dall’età, con una vita di disciplina alle spalle, e con una sempre maggiore dose di amore e compassione, lo yogin deve continuare il suo cammino. Non vuole avere una coscienza difettosa. Aspira a raggiungere la mèta, il sé puro e privo di spaccature, che mai cadrà all’indietro, mai tradirà, mai arrecherà danno, mai mentirà, mai agirà con malvagità o egoismo. Lo yogin pratica un gioco che non ha fine, perché il gioco è semplicemente la vista della sua stessa Anima”.  B.K.S.Iyengar

 

Vi siete mai chiesti quale sarebbe il vostro più grande rimpianto se oggi fosse il vostro ultimo giorno di vita? Cosa vorreste aver fatto, cosa vi pentireste di non aver mai provato?

Bronnie Ware, un’infermiera australiana nella rete delle Cure Palliative per i malati terminali, che assisteva i moribondi nelle loro ultime dodici settimane, ha riportato per anni le loro ultime parole e desideri in un blog intitolato “Inspiration and Chai” che ha avuto un seguito talmente grande da convincerla a scrivere un libro intitolato “I cinque più grandi rimpianti dei morenti”.

Quando la Ware ha chiesto ai suoi pazienti di eventuali rammarichi, o su qualcosa che avrebbero fatto diversamente, sono venuti fuori molti temi comuni. Nessun accenno al non aver fatto più sesso o a non avere provato a fare sport estremi, ma il rimorso di non aver speso più tempo con la propria famiglia, coltivato le amicizie o cercato con più accortezza la via della felicità.

Questi i cinque più comuni rimpianti, secondo la testimonianza dell’infermiera:

5. Vorrei essere stato capace di rendermi più felice.

Questo è un sorprendentemente comune a tutti. Molti non si rendono conto, finché non è tardi, che la felicità è una scelta. Sono rimasti bloccati nelle loro abitudini e nella routine. Il cosiddetto ‘comfort’ di familiarità si è espanso anche alle loro emozioni, perfino ad un livello fisico. La paura del cambiamento li fa fingere con gli  altri e mentire a se stessi, convincendosi di essere contenti, quando nel profondo,  non desideravano che ridere a crepapelle e un po’ di infantilità nella loro vita. “

4. Vorrei esser rimasto in contatto con i miei amici.

“Spesso non sono riusciti ad apprezzare quale privilegio magnifico fosse avere dei vecchi amici se non nelle loro ultime settimane e non sempre era stato possibile rintracciarli. Molti erano così concentrati sulle proprie vite che hanno perso per strada delle amicizie d’oro nel corso degli anni. Molti rimpiangevano profondamente di non aver dato alle amicizie il tempo e lo sforzo che si meritavano. Ognuno sente la mancanza dei propri amici quando sta morendo.”

3. Vorrei aver avuto il coraggio di esprimere i miei sentimenti.

“Molte persone sopprimono i loro sentimenti in modo da mantenere il quieto vivere con gli altri. Di conseguenza, si accontentano di un’esistenza mediocre e non diventano mai chi erano realmente in grado di divenire. Come risultato, amarezza e risentimento diventano delle malattie che si sviluppano dentro. “

2. Vorrei non aver lavorato così duramente.

“Questo è venuto fuori da ogni paziente di sesso maschile che ho assistito. Si sono persi l’infanzia dei loro figli e la compagnia dei propri partner. Anche alcune donne hanno menzionato questo rimpianto, ma come se fossero di una vecchia generazione, molti dei pazienti di sesso femminile non erano stati capifamiglia. Tutti gli uomini che ho curato hanno rimpianto profondamente l’aver trascorso così tanto della loro esistenza a dedicarsi sfrenatamente al lavoro. “

1. Vorrei aver avuto il coraggio di vivere una vita come volevo io, non quella che gli altri si aspettavano da me.

“Questo il rammarico più comune per tutti. Quando le persone si rendono conto che la loro vita è quasi finita e ripensano ad essa tirando le somme, è facile rendersi conto di quanti sogni sono rimasti insoddisfatti. La maggior parte delle persone non aveva realizzato nemmeno la metà dei loro sogni e doveva morire con la consapevolezza che era a causa di scelte che aveva compiuto. La salute offre una libertà di cui in pochi si rendono conto, fino a quando non la perdono.”

La Ware testimonia di come le persone alla fine della propria vita acquisiscano un’incredibile lucidità di visione e che noi tutti potremmo imparare dalla loro saggezza.

Come diceva il poeta Henry David Thoreau: “Vivere con saggezza, vivere in profondità e succhiare tutto il midollo della vita, per sbaragliare tutto ciò che non era vita e non scoprire, in punto di morte, di non aver vissuto”.

Viviamo. Prima che sia troppo tardi.

 

Fonte: http://www.newswiki.it/newswiki/salute/86-rimpianti-malati-terminali-alla-morte

2 pensieri su “Vivere in pienezza

  1. Fa riflettere tutto ciò…io mi pentirei di non aver espresso pienamente i miei sentimenti,di aver vissuto non avendo ascoltato la mia anima per assecondare i desideri di altri…di non aver avuto coraggio.Una volta ho letto che “non è mai troppo tardi per diventare ciò che eravamo destinati ad essere”.Basta ascoltarsi e se c’è ancora tempo,cambiare,cambiare veramente.Per quanto mi riguarda da un po’ ci sono desideri e sogni che premono per uscire fuori dal mio cuore e a poco a poco li sto vedendo tutti,per poi agire nella mia vita.Avere rimpianti alla fine deve essere spaventoso.E allora,senza paura, rimbocchiamoci le maniche e viviamo!grazie Aldo Giò 🙂

  2. Col senno del poi si sarebbe potuto fare tutto e il suo contrario. Spesso a fine giornata ne ripercorro gli eventi. I miei pensieri sono stati in linea con i miei principi? Le mie azioni son state reazioni o libera scelta? Se questo fosse l’ultimo giorno della mia vita, l’ho onorata e onorato i miei compagni di viaggio? Mi rendo conto delle tante opzioni e delle possibili conseguenze. (Molto) personalmente, esprimo forse troppo i miei sentimenti, (a volte con una dolcezza che probabilmente non ci si aspetta da me) e ciò spaventa e allontana le persone; molto spesso lavoro duramente perchè ciò mi rende felice, ma i frutti del mio lavoro fisico, intellettuale e spirituale spesso non collimano con le aspettative altrui o peggio, disturbano…e si creano delle spaccature.
    In questa babele, la mia preghiera è solo quella di ben interpretare i segnali che mi giungono e di vivere nel meglio delle mie possibilità. Se sarò fortunata alla fine del viaggio ne capirò il disegno e cerco di non avere rimpianti: le occasioni perse non sempre sono meglio. In fondo se operiamo una scelta piuttosto che un’altra è perchè o la reputiamo migliore o perchè non abbiamo ancora il coraggio di cambiare direzione. in questo caso, anche se sbagliata, è in linea con il nostro essere attuale e pertanto coerente.
    In buona sostanza, vivendo e scegliendo consapevolmente, essendo se stessi (pur bevendo il calice amaro di solitudini ed incomprensioni), magari ci si riesce a perdonarsi di non essere riuscito a far tutto e il suo contrario.

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