La musica e le immagini parlano da sole. Ricordo tutto questo nel mio viaggio in Ladhak, terra degli stupa e dei monasteri abbarbicati sui fianchi di montagne che si stagliano verso il cielo. Odori d’incenso, canti delle scritture con toni d’altre dimensioni, i monaci, le danze sacre nelle feste, i kilometri percorsi in paesaggi lunari aldilà del tempo e dello spazio. E la notte, quella vera, con le stelle di un nitore del diamante, che potevano essere afferrate con le mani tanto sembravano vicine a quota 5.600…Il the salato al burro, odore di legna nei fuochi degli accampamenti notturni. La neve e il candore dei ghiacciai eterni dell’Himalaya. Praticando la vostra meditazione con questi suoni, entrate sempre più dentro voi stessi. Lì, ci incontreremo nel luogo di ristoro di tutti gli entronauti di ogni epoca e sentiero: la fonte del Cuore.
Mi piace molto il termine “entronauti”, e anche la tua chiusa sulla meditazione come “luogo di ristoro”, Ricambio con quanto ne scrive la poetessa e insegnante di meditazione Chandra Livia Candiani: “A casa nel corpo, a casa nell’intimità con se stessi e in quello strano insieme di misteriosa vicinanza e di tenera distanza in cui il mondo si rivela respirando.”
In una sua intervista che ho letto oggi parla anche della notte, metafora di tutte le nostre paure: “Se ho paura del buio, vedrò solo lucine tenui, candeline. Se m’immergo nella notte, vedrò la luce abbagliante del giorno.”
L’intervista è qui: http://buddismoeoccidente.wordpress.com/interviste/intervista-a-livia-candiani/
Ciao 🙂
Luisa