Prendo spunto da un’intervista a Prashant Iyengar, in occasione del Guru Purnima del 1998, per dare una breve spiegazione sul metodo Iyengar e i suoi benefici. L’intervista integrale è riportata su “Yoga Vaani” numero 69 del 2002.
I cinque elementi su cui si basa l’Iyengar yoga:
- la precisione e l’allineamento
- il timing, o capacità di mantenere l’asana a lungo
- la sequenza corretta di asana
- l’uso dei prop o attrezzi, come cinture, coperte, mattoni, sedie, panche di varia altezza
- la gerarchia nella pratica
La precisione e l’allineamento
La precisione e l’allineamento sono Ie fondamenta del sistema Iyengar, e vengono insegnati ai principianti fin dalle prime lezioni. Mano mano che si prosegue nei mesi e negli anni di pratica, questi concetti vengono sempre più approfonditi e spiegati fino a interessare aree della coscienza e della mente, un lavoro prematuro per un principiante ma cosa normale per uno studente avanzato. Ma come sottolinea Prashant, spesso molti insegnanti si cristallizzano solo sul discorso fisico della precisione e dell’allineamento, perdendo il senso originario dato da suo padre. Infatti precisione e allineamento non riguardano solo la rappresentazione geometrica della struttura corporea, ma il funzionamento dell’essere umano: se il corpo è allineato con precisione, anche il respiro sarà allineato con la stessa precisione. E se il respiro è equilibrato, allora la mente, le emozioni e i sensi diventano equilibrati, quieti.
Si deve studiare come questi precisi aggiustamenti agiscono su tutta la sfera dell’essere umano, quindi precisione e allineamento dovrebbero essere uniti allo studio dei loro effetti sul respiro e sulla mente. Man mano che gli studenti progrediscono hanno bisogno di apprendere come utilizzare i sensi, la mente e il respiro per allineare il corpo con precisione.
Il timing
I praticanti di Iyengar yoga sono conosciuti per la loro capacità di mantenere gli asana per un lungo periodo di tempo. Per un principiante questo è necessario, perché insegna a forgiare la volontà attraverso la pratica data dall’insegnante. Ma in seguito il praticante deve andare oltre la fase degli asana eseguiti col mero potere della mente. La pratica dovrebbe durare per tutto il tempo in cui si desidera rimanere nell’asana: non è più la mente esterna, ma l’atma (citti) che richiede di eseguire la postura. Solo allora shtirata (la comodità ) e shukata (la stabilità ) avvolgeranno naturalmente l’asana, elevando la qualità della pratica.
Non si dovrebbe restare un tot di tempo solo perché i nostri vicini di tappetino riescono a restare molto più di noi, o perché il timer che abbiamo davanti non è arrivato a scandire il tempo da noi impostato.  Riflettete su questo… si dovrebbe rimanere in modo contemplativo e profondo, così che qualsiasi asana praticato abbia un mood meditativo e divenga  – come Iyengar stesso insegna –  “meditazione nell’azione”. Si deve stare nella postura il tempo giusto affinché lo sforzo sia minimo, o quantomeno diminuisca.
Non solo. Un asana ha un tempo di entrata, un tempo di mantenimento e un tempo di uscita. Una fase che non viene quasi mai curata è l’uscita dall’asana, perché si considera come valido solo il tempo di mantenimento, non calcolando che la fase di uscita è la più delicata. È lì infatti che spesso accadono tanti noiosi infortuni (stiramenti, distorsioni, ecc) perché vi si arriva senza più energie e completamente esauriti. È come se un pilota d’aereo nel suo viaggio non tenesse conto anche del carburante necessario per l’atterraggio, ed è spesso ciò che accade quando si tenta d’inseguire tempi di mantenimento prematuri per il proprio livello di pratica e di consapevolezza.
La sequenza corretta di asana
Saper ordinare una giusta seqenza di asana è un’arte che non si conoscerà mai abbastanza: più il tempo passa, più osservo che ci sono miriadi di sequenze possibili per le diverse problematiche da risolvere in me stesso e nei miei allievi. Come praticanti di Iyengar yoga riflettiamo sul fatto che una sequenza efficace di asana non dipende solo dagli asana stessi, ma da come li pratichiamo, dal tempo di mantenimento e da una intelligente sequenzialità . Il modo in cui ordiniamo le posture in sequenza dipende da diversi fattori: il fine della pratica, le condizioni climatiche, l’ora della pratica, le condizioni di salute dei praticanti, il loro livello di pratica (principiante, intermedio, avanzato). Con oltre 200 asana codificati, il metodo Iyengar offre un ampio campo di ricerca e di studio dello yoga, per ogni livello di pratica.
L’uso dei prop
I prop sono il frutto del genio innovativo di Iyengar. È grazie all’uso dei prop che persone di ogni fascia di età e in ogni condizione di salute possono praticare lo yoga in sicurezza e godere dei benefici degli asana. Compito di ogni insegnante è spiegare sin dall’inizio ai propri studenti che gli attrezzi non sono  grucce sulle quali appoggiarsi meccanicamente, ma strumenti per capire il senso profondo di ogni asana.
La gerarchia nella pratica
Ci sono diversi livelli di pratica, ognuno in linea con la consapevolezza del praticante. Laddove un principiante lavora dal punto di vista dell’allineamento scheletrico e deve essere guidato da un insegnante, B.K.S. Iyengar lavora da uno stato meditativo dell’asana e la postura è eseguita dalla sua citti (anima). Anche se si tratta di asana molto semplici, la nostra pratica deve evolvere fino all’allineamento di respiro, mente, sensi, intelletto ed emozioni, tutti fattori che lo yoga chiama sharira, o corpi. Ecco perché Prashant menziona una gerarchia nella pratica. Da una modalità inizialmente quasi meccanica, il nostro yoga deve evolvere finché la pratica diventi governata dalla volontà , dalla mente, dal respiro, dall’intelligenza e in ultimo dalla citti. Ciò potrà accadere solo se comprendiamo a fondo questi principi, altrimenti la nostra pratica diverrà stagnante e meccanica, impedendoci di gustare il nettare dello yoga dall’anima stessa.
il concetto di timing mi è molto funzionale..grazie. il liberarsi dall’assillo della quantità del tempo di permanenza, mi permette di “incentrarmi” e trarne il massimo beneficio.
Sono stata a lungo prevenuta nei confronti del timer. Mi sembrava di meccanicizzare l’asana, di affidarmi a un discernimento che non fosse il mio. Ma, come insegna lo yoga, bisogna sempre provare e sperimentare prima di scartare qualcosa. Così ho provato e capito che il mio era solo un pregiudizio.
Il timer aiuta. Non solo a tenere l’asana più a lungo, ma anche ad abbandonarsi in maniera più profonda, senza la preoccupazione di “quanto tempo ci starò”. Ho cominciato con sirsasana, ma ora uso il timer per tutte le posizioni da tenere più di due minuti, comprese quelle passive, in cui l’abbandono è ancora più forte.
Ottimo articolo, ne farò un punto di riferimento, chissà che quanto letto non possa aiutare anche me.
Caro amico, ti invito a leggere gli altri articoli del blog: potrai trovare ottime indicazioni per una tranquilla pratica a casa o degli spunti di approfondimento se hai già una tua pratica personale. Per qualsiasi dubbio o domanda scrivimi. Grazie e a presto.
Dear,Dear Karen,I am so sorry to learn of your cancer . My thgthous are with you and your incredible practice of yoga. I learn so much from you and even during this time, you continue to teach and guide. If I can be of any help to you or Cliff please consider this offer. Lots of love and peace, your friend, anne
NamasteBasel Ursula Winkler Iyengar Yoga Okuklu f6grencisiyim. 4 yil f6nce basladim, hadatfa 3 kez calisiyorum. Kendime, vfccuduma, ruhuma yaptiigim en uzun ve heyecanli yolculuga izin verdigi icin, bu yoga stiline gf6nfclden inaniyorum.Istnabul’a tatile geldigimde Stfcdyonuza gelmek ve dersinize katilmak isterim.9-17 Temmuz arasi Nizza yakinlarinda Christian Pisano’nun yaz kursuna katilacagim.Sfcper bir f6gretmen!Isikli gfcnler dilegimle