“Quando qualcuno attraversa un periodo difficile, spesso ci viene istintivo di offrire delle soluzioni che per noi sono state di aiuto.
Sebbene sia una qualità positiva il voler aiutare, parte della nostra trasformazione è arrivare ad essere più sensibili circa il sapere quando è il momento di dare un consiglio o quando è meglio restare in silenzio e ascoltare.
Non è nostro compito aggiustare gli uomini. Il nostro compito è esserci per loro”.
Fonte: Yehuda Berg
Spesso ho sperimentato questa esigenza di “aggiustare”la vita degli altri,frutto di un mio bisogno di sentirmi utile sempre e comunque.”Ci penso io”è la frase delirante che spesso mi veniva in mente.Ora so(da molto poco) che a volte la cosa migliore è portare gli altri nel nostro cuore,rispettando la loro vita,e quelli che a noi sembrano errori.Aiutare solo se viene richiesto…..meglio una vicinanza fra anime che vane parole Giò
Bisogna lasciare agli altri al libertà ANCHE d’incartarsi come loro desiderano meglio. In psicoterapia si dice ce “Il dolore è assolutamente necessario e funzionale per una buona guarigione”. Dobbiamo necessariamente passare da lì, anche se è impegnativo per l’ego. Quelli che apparentemente sembrano errori sono delle strategie dell’Universo per sanare le nostre vite e tirarci fuori dai meandri dove ci eravamo smarriti.
Quando si sperimentano sulla propria pelle soluzioni a situazioni problematiche, si vorrebbe esportare ai propri cari la facilitazione di una strada già battuta, alleviando sofferenza e spreco inutile di tempo ed energie. Ma presto mi son resa conto che la mia strada e le mie soluzioni son vestiti su misura e che ognuno deve realizzare il suo, passando per necessari calvari. Fermo restando che quasi sempre, anche a fronte di una richiesta d’aiuto, ” l’altro” non vuole soluzioni, ma un orecchio che senta le sue pene. E, parlando personalmente, l’atteggiamento suddetto mi è stato familiare per molto tempo. Sempre meno vengo colta dal sincero , ma egocentrico, slancio di risolvere o, almeno, suggerire soluzioni. Penso che il modo migliore sia agire, in modo da fornire un esempio. Io ho fatto tesoro di reazioni sagge e dignitose ad eventi drammatici di altre persone e ho capito non la soluzione, quanto piuttosto l’atteggiamento difronte alle prove della vita. Forse questo s’intende per “esserci per l’altro”…perchè spesso mi chiedo se ci sono nel bisogno dell’altro tanto quanto io vorrei senza cadere nell’ invadenza.
Altresì, e qui mi contraddico, le parole son semi…a volte sembrano persi, morti…ma sono stati gettati e a a volte germogliano, al giusto tempo.
Il maestro Avanhov diceva che “l’analogia è maestra di vita”. E una sarta come tu sei, abituata confezionare vestiti per sé e per altri, all’occorrenza, sa bene che le misure di una persona per un vestito non saranno mai le misure di un altro e viceversa. Le misure di un abito per un bambino non saranno mai quelle di una donna matura e così via dicendo. Le “strade battute” sono personali, come i vestiti e le scarpe. E ogni strada, come del resto un abito, varia a seconda dell’epoca, dell’età e….della consapevolezza. Hai visto mai nessuno con una minigonna a 90 anni? 😉
Vivere il proprio Dharma con consapevolezza è il consiglio migliore che possiamo dare. Grazie Margherita. 😉
Grazie a te per gli spunti di riflessione! Non c’è noia o depressione ad ottundere la mente quando si scorgono nuovi orizzonti.